sabato 25 aprile 2020

Regolare il corpo: sensibilità e ascolto


L’importanza del benessere del corpo per la nostra vita intellettuale, emotiva e spirituale può sembrare un’ovvietà ma nella concretezza della nostra vita quotidiana non lo è affatto. Siamo spesso vittime di contraddizioni e conflitti tra ciò che vogliamo e ciò che sentiamo, tra i desideri che albergano nella nostra mente e i segnali che ci invia il corpo, e il più delle volte soccombiamo alle nostre pigrizie, alle abitudini, ai condizionamenti culturali e alle varie forme di conformismo sociale, diventando così sempre un po’ più insensibili rispetto ai reali bisogni del corpo.

È la nostra stessa educazione che, svalutandone l’importanza, ci porta a disimparare il linguaggio del corpo e ad affidare le nostre scelte completamente alla razionalità, spesso solo presunta, del pensiero. Pian piano perdiamo la capacità di comunicare con noi stessi, diventiamo in qualche modo sordi alla costante narrazione che il corpo fa di sé, al suo clima omeostatico interno, e vi prestiamo attenzione quando i suoi sussurri diventano grida, dolore, malessere. Allora parliamo di malattia e corriamo a cercare qualcuno o qualcosa a cui affidare il nostro corpo perché lo rimetta a posto, come faremmo con la nostra automobile.

Regolare il corpo significa dunque innanzitutto reimparare a sentire. Il semplice atto di riconoscere, mentre stiamo lavorando al computer o guidando l’auto, che le spalle e il collo sono contratti, è un passo nella giusta direzione. Imparare a lasciar andare le tensioni è il passo successivo. È incredibile quanto poco consideriamo la sincerità del corpo: ci chiedono come stiamo e rispondiamo bene, benissimo, alla grande, ma chi ci è di fronte non può fare a meno di notare come il nostro corpo, con la sua postura, le sue contratture, i suoi movimenti bruschi, gli stia dando una risposta completamente diversa.

Regolare il corpo significa anche recuperare elasticità, capacità di reagire in maniera tempestiva e adattativa alle condizioni esterne ed interne. La vita è un continuo discostarsi e ritornare alle condizioni ottimali di equilibrio, un processo dinamico in cui non esiste una netta separazione tra salute e malattia ma solo fasi diverse di questo processo. Più efficiente è la nostra capacità di reagire alle perturbazioni e di tornare “a casa” più siamo energici e vitali. Quando questa capacità si impigrisce allora i nostri tempi di recupero si allungano, perdiamo energia e diventiamo rigidi e fiacchi. Ad un certo punto non riusciamo più a tornare verso l’equilibrio e allora ci ammaliamo seriamente. L’estrema deviazione e rigidità si manifesta nella morte.

La regolazione intesa come recupero di elasticità e reattività è a volte chiamata normalizzazione del terreno. Ecco come la definisce Itsuo Tsuda nel suo primo libro, “Il non-fare”, pubblicato nel 1973:
La normalizzazione del terreno sensibilizza il corpo, che reagisce velocemente nel sentire quello di cui ha bisogno e nell’evacuare tutto ciò che è inutile al suo buon funzionamento. Fisicamente si diventa più agili ed elastici. Psichicamente, la concentrazione si intensifica. Sta dunque a ciascuno sentire se ha sete, sapere quello che vorrebbe mangiare e in quale quantità, prendere decisioni e agire nel rispetto della propria intuizione. In poche parole, si tratta di sbarazzarsi delle innumerevoli stampelle da cui si dipende per poter camminare da soli.
Tornare dunque in una condizione di intimità col proprio corpo, reimparare a sentirlo, a parlarci, a lasciar andare ciò che frena la sua vitalità, il suo innato procedere verso la vita. Le stampelle di cui parla Tsuda sono le nostre idee, gli ismi a cui deleghiamo le nostre speranze di salute: le soluzioni da manuale, le diete, i ricettari, le cure e gli stili di vita confezionati dagli esperti. A ben pensarci, sono in buona parte forme di moderna superstizione a cui spesso ci affidiamo senza interrogare il diretto interessato: il nostro corpo.

Il corpo non è che un aspetto della nostra mente, così come la mente non è che un aspetto del nostro corpo, regolare il corpo significa dunque regolare anche la mente. Il primo passo è fare un po’ di silenzio e prestare ascolto. Potremo scoprire che qualcosa dentro di noi ci parla, in una lingua che abbiamo sempre conosciuto ma che avevamo dimenticato. Vediamo alcune delle possibili pratiche per avvicinarci a questo obiettivo, non si tratta certo di una lista esaustiva, piuttosto mi adeguo alla massima per cui è bene parlare solo di quello che si conosce per esperienza diretta.

Rilassamento profondo
In posizione distesa, ci si allena a rilassare volontariamente e in maniera progressiva i diversi muscoli del corpo. Una tecnica è quella di contrarre prima il muscolo o il gruppo muscolare che si vuole rilassare, in modo da poterne avere una chiara percezione interna, e poi di rilassarlo completamente. Una descrizione di un esercizio di questo tipo si può leggere qui.

Meditazione di consapevolezza sul corpo
Seduti in un luogo tranquillo, con la schiena eretta ma non rigida, possiamo allenarci a portare tutta la nostra attenzione sulle sensazioni fisiche, a percepire le varie parti del corpo e a rilassarle. La tecnica più semplice è quella di eseguire un body scan: inspirando prendi consapevolezza di una parte del tuo corpo, sentine la presenza, ed espirando rilassala. Un esempio di meditazione guidata di questo tipo puoi ascoltarla qui. Una pratica più avanzata è quella di portare la capacità di percezione interna agli organi e alle ghiandole, un tipo di meditazione che può avere effetti benefici sulla salute e può essere di ausilio nella cura di alcune patologie.

Presenza mentale quotidiana
Essere in presenza mentale significa essere pienamente consapevoli di quello che sta accadendo, dentro e fuori di noi, un atto di pura conoscenza, scevro da qualsiasi giudizio o commento mentale. È quello che ci alleniamo a fare in meditazione ma è una pratica che possiamo portare nella vita quotidiana. Un esercizio può essere quello di scegliere un evento esterno, casuale come il suono delle campane di una chiesa o il bip di un messaggio in arrivo sul cellulare, o programmato come un timer sonoro, alla cui occorrenza ci fermiamo, lasciamo l'attività in corso, e ci mettiamo in ascolto del nostro corpo: come sto? come stanno le mie spalle? dove sento tensione? Bastano due minuti di questa pratica ripetuta più e più volte al giorno per fare nel tempo un'enorme differenza.

Qigong
Il qigong è una disciplina che ci offre un linguaggio preciso per comunicare con il corpo, basato sul concetto di energia interna (Qi in cinese) e su una complessa geografia di linee e punti energetici dove possiamo con la concentrazione mentale condurre il nostro Qi. Và da sé che la sua pratica richieda e alleni una grande capacità di percepire il corpo, che può crescere fino a livelli di estrema sofisticazione. Gli esercizi si praticano tipicamente in posizione eretta e possono comprendere movimenti più o meno ampi delle braccia, ma vi è anche un qigong statico, in tutto assimilabile a una tecnica di meditazione.

Taijiquan
Il Taijiquan (spesso scritto Tai Chi Chuan) è un'arte marziale interna cinese, dove il termine interno si riferisce a fatto che la sua efficacia è sviluppata a partire da un lavoro di coltivazione dell'energia interna e delle sue modalità di espressione. L'originalità di questa disciplina sta in buona parte nella sua metodica di insegnamento: l'allievo apprende inizialmente ad eseguire le tecniche in maniera molto lenta, morbida e rilassata, utilizzando traiettorie ampie e circolari. Solo a un livello più avanzato la maestria così acquisita sarà espressa in maniera veloce ed esplosiva. Per queste sue caratteristiche, è un ottimo metodo per sviluppare una profonda consapevolezza del corpo in movimento, sia a solo che nelle situazioni di contatto con un altro corpo.

Movimento rigeneratore
Entriamo qui in un ambito in qualche modo completamente diverso, quello della non-tecnica, della totale rinuncia a qualsiasi forma di controllo o di deliberazione riguardo il corpo. In Giappone è conosciuto con il termine Katsugen Undo e consiste nel mettere da parte il sistema nervoso volontario (piramidale) e lasciare che il sistema autonomo (extrapiramidale) prenda il controllo del corpo e dei suoi movimenti. È una pratica che in qualche modo rieduca il corpo a ristabilire da sé l'omeostasi e a generare in maniera efficiente le sue risposte naturali alle condizioni di disequilbrio. In altre parole, è un medodo per normalizzare il terreno. In Cina si parla di Zifa Gong o qigong spontaneo, in cui ci si porta in una condizione che permette all'energia interna Qi di redistribuirsi autonomamente nel corpo, espellendo al tempo stesso l'energia viziata.

Pino Creanza

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